Psicoterapia

Luoghi comuni

I luoghi comuni della psicoterapia

“Non serve a nulla, ce la faccio da solo”

Non è sempre facile comprendere e, ancor meno ammettere, di aver bisogno di aiuto: decidere di avvelersi di un suporto psicologico richiede un percorso interiore con tempi assolutamente individuali. Può essere utile sapere allora che minore è il tempo che intercorre tra l’inizio di un problema e la richiesta di intervento, maggiori sono le possibilità di uscire dallo stato di sofferenza.

“Durerà una vita intera”

C’è un detto in A.T. : “non occorre essere malati per stare meglio”. Spesso si pensa che entrare in terapia significhi entrare in un circuito infinito. Certo, i tempi del percorso dipendono da molteplici fattori che riguardano sia il paziente che il terapeuta. Per esempio, il tipo di problematica presentato e l’impegno che la persona  mette, sono aspetti decisivi per la durata di una terapia, ma non bisogna essere necessariamente disturbati o gravemente invalidi per trarne benefici. L’obiettivo in alcuni casi viene raggiunto rapidamente da persone che, pur appagate nella loro vita, decidono semplicemente di ottenere un chiarimento o di migliorare alcuni aspetti della propria esistenza. Rivolgersi ad uno psicoterapeuta non significa essere “malati”: anzi, prendersi cura del proprio disagio con tempestività è un modo per tutelare e promuovere la propria salute in un’ottica di prevenzione.

“Inizierò a sentirmi peggio”

Il cambiamento personale passa attraverso un lavoro di consapevolezza di sé che avviene all’interno di un contesto protetto, empatico, accogliente, libero dal giudizio. Il terapeuta Analista Transazionale parte dal presupposto che ognuno è ok, questo significa che considera il paziente come dotato di valore e di dignità ma anche responsabile delle proprie capacità di pensare e di decidere. Nessuno può costringerci a comportarci in modi particolari, siamo noi i responsabii delle nostre emozioni e del nostro comportamento, dunque il terapeuta non ha il potere di “far sentire peggio” il suo paziente perchè è ques’ultimo che si assume la responsabilità di raggiungere qualsiasi cambiamento voglia ottenere. Gli obiettivi terapeutici inoltre, vengono individuati insieme e la sofferenza psicologica che può accompagnare il processo di guarigione è parte integrante del cambiamento. Come scrive Gustav Jung: “non c’è presa di coscienza senza dolore” e, soprattutto, in questo cammino di conoscenza di sé il paziente non rimane mai solo.

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